Davanti a noi stanno la realtà visibile, la natura, i paesaggi.
Li guardiamo con gli occhi dell’arte ed è l’arte che ci insegna a vederli;
lei che li propone nei loro caratteri essenziali.
Le immagini attraverso le quali leggiamo il mondo stanno dentro di noi.
È contrastato e violento il rapporto tra uomo e natura.
L’uomo ha stravolto e corrotto la terra e i luoghi dove vive.
L’arte può avere una parte
nell’indicare il cammino di un possibile riscatto.
I.C., 2017
Anche i fiori chiedono protezione,
specie quando li colgo e rimangono indifesi.
Li chiudo dentro un rifugio di carta.
La carta ha le sue forme, i suoi andamenti e le sue pieghe
e diviene un guscio che li avvolge.
Forma un’architettura da cui emergono petali e corolle.
Solo i glicini e l’uva rimangono liberi
da involucri e cadono a cascata verso terra.
I.C., 2017
I tavoli sono qualcosa di diverso e di più che piani d’appoggio.
Sono presenze con una loro vita, sia all’interno della casa
che all’esterno nel paesaggio. Possono avere bellissimi vestiti.
Portano oggetti in offerta e li penso carichi di fiori
L’altare è un tavolo, e il tavolo aspira ad essere un altare.
I.C., 2017
I tavoli abbigliati di Isabella propongono un riavvicinamento
allo spettatore rispetto a un paesaggio offuscato.
È un’attesa che sigilla «architettonicamente», in quanto fenomeno
originario, uno spazio, non così amato dalla modernità progettuale che è
tutta fuori o tutta dentro (di se stessi anche).
Sì, proprio quello spazio non si sa se interno o esterno,
che sta tra un dentro e un fuori, cioè dove sono collocati i tavoli lasciati a
loro volta a un destino di interpreti di un atto unico...
Manlio Brusatin, storico dell’arte, 1997
I.C., 2017