Per un periodo lungo non ho dipinto figure umane,
ma rappresentato un mondo vuoto di persone.
Poi sono ritornate nei miei quadri,
ma attraverso un filtro fortemente soggettivo.
Prima in forma di sogno, dentro barche galleggianti nel blu
e con vestiti intensamente colorati.
Poi in forma di maschere e guerrieri,
nascosti nei visi o chiusi dentro corazze e ferro.
Infine come ombre di persone volate via nel grigio.
I.C., 2017
Il più solenne, stupefatto e gioioso dei mondi impossibili
ci viene incontro da questi dipinti con una semplicità e una pienezza
a dir poco sorprendenti in un’epoca nella quale tutto
tende a sfuocarsi, a defilarsi, a farsi sfrangiato e sfuggente
a cominciare, appunto, dalla semplicità.
Credo che si debba partire da qui, dalla percezione immediata,
oserei dire materiale della distanza che separa l’immaginazione
e il segno di Isabella Cuccato da qualsiasi forma di naïveté
e simmetricamente, da qualsiasi sospetto di intellettualismo,
per inoltrarci a colpo sicuro, senza correre il rischio di fermarci
per strada o di perdere la bussola del buon senso estetico,
in un’esplorazione che per un insieme di condizionamenti culturali
assai più riferibili ai soggetti indaganti che all’oggetto indagato
può assumere l’andamento lusinghiero ma anche
in qualche misura ingannevole del viaggio iniziatico oppure
del percorso onirico, dell’avventura through the looking glass.
Giovanni Raboni, poeta, 1997
Mi ha spinto a dipingere figure una pressione esterna
che mi è difficile spiegare.
È quella degli eventi e dei drammi
da cui siamo assediati
e di cui in continuazione
giungono le immagini e il frastuono.
Sono guerre, disastri, esodi, naufragi, scontri di piazza, grandi e piccoli delitti:
e con essi i tentativi dei singoli di proteggersi e salvarsi.
Le corazze servono a difendere e rendono sagome gli uomini.
Le maschere e i mantelli li nascondono dietro un mondo di apparenze.
Le madri stringono i bambini al petto.
La pittura è densa di materia, i colori irreali, le superfici a macchie.
I.C., 2007
«Tre volte mi avvicinai: l’animo mi spingeva a stringerla;
tre volte volò via dalle mie mani, simile a un’ombra o a un sogno:
e a me un dolore acuto nacque più forte in fondo al cuore»
(Odissea, XI, 206-208)
Si vorrebbero stringere persone e sono ombre.
Affiorano figure dal passato e sono nebbia di ricordi.
C’è un angelo grigio che cammina vago e preme il cuore.
I.C., 2017